venerdì 27 luglio 2012

DISEGNARE IL VENTO EMILIO SALGARI Moreno Burattini

Disegnare il vento - L'ultimo viaggio del Capitano Salgari
di Ernesto Ferrero 

(Einaudi, 2011)


Ho richiuso il libro con una lacrimuccia che non si decideva a scendere dalla coda dell'occhio, così che l'ho dovuta far scivolare giù io con il dito. Bello, intenso, commovente. Qualcuno potrebbe pensare che, per capire e gustare fino in fondo questo libro, si debba essere salgariani nell'animo. Invece no, perché poi quel che vi si racconta non è lo scrittore, "il padre degli eroi" (come qualcuno l'ha definito), ma l'uomo Emilio Salgari, con il suo carattere bizzarro, le sue piccole e grandi manie, il suo anticonformismo conservatore (un ossimoro soltanto apparente), le sue passioni patriottiche e filomonarchiche ma slegate dal grigiume degli intrallazzi politici e dunque ideali e irrealistiche, le sue mattane e le sue dolcezze, padre e marito affettuosissimo ma anche incapace di governare la famiglia e in fin dei conti imbrigliato in una trappola domestica, la sua voglia di vedersi riconosciuto come grande scrittore e l'indifferenza dell'establishment, da cui il sordo senso di rancore verso il resto del mondo editoriale, lo scontro fra la sua vita reale e quella fantasticata, e infine il senso di inadeguatezza al mondo che sta cambiando troppo velocemente. La fine di Salgari è, in fondo, quella che egli stesso riserva ai due sfortunati protagonisti di uno dei suoi romanzi "minori" ma più profetici, "Le meraviglie del Duemila", in cui fa il verso a Verne senza il sostegno del positivismo e pronostica un futuro in cui la vita va vissuta a ritmi insostenibili per chi è nato in un'altra epoca e vi viene proiettato senza esserne preparato (i due di cui sto parlando, nel finale del romanzo, impazziscono). A posteriori, molte fantasie salgariane sul Duemila si sono rivelare azzeccate, peraltro. Il romanzo di Ernesto Ferrero, scrittore di razza (che vive, peraltro, nel caseggiato di corso Casale dove Salgari ha abitato negli ultimi anni della sua vita), non è una biografia del Capitano. Almeno, non lo è in senso compiuto e analitico. E' un ritratto, costruito con frammenti e testimonianze, alcune vere (si citano, pur nella rielaborazione romanzesca, persone realmente esistite che davvero hanno conosciuto Salgari), alcune di invenzione, ma del tutto plausibili. In particolare è inventato, con felicità, il personaggio di Angiolina, una ragazza immaginata come vicina di casa dello scrittore, e sua affezionata lettrice, che lo aiuta scrivendo sotto dettatura alcuni capitoli dei suoi ultimi romanzi, dato che il Capitano si è fatto debole di vista. Una delle testimonianze è quella di Teresio Chiabotti, medico presso il Manicomio di Torino, là dove viene ricoverata, a un certo punto, Ida Salgari, detta Aida, la moglie di Emilio, che va a chiedere speranze al dottore che l'ha in cura. Chiabotti ricorda: "Avevo davanti l'uomo che aveva infiammato le mie letture giovanili. Potrei recitare a memoria le pagine che mi hanno esaltato. Mi piacerebbe trovare parole per descrivere l'aria di mare che, leggendo, ero convinto di inalare nei lunghi pomeriggi estivi, sotto gli ippocastani nella casa di mia nonna. I mari del Borneo dispiegavano ancora meglio i loro incantesimi nello sfondo scialbo della campagna. - Cavaliere, - ho detto - so per certo che lei è uomo coraggioso anche nelle evenienze spesso dolorose della vita, non solo sulle pagine avventurose che abbiamo amato. Io ho contratto con lei un debito di riconoscenza e di lealtà, anche se lei non può saperlo. Dunque sarò leale -". La lealtà impone al medico di non dare a Salgari false speranze. Pochi giorni dopo, il 22 aprile 1911, Emilio scrive sedici lettere e si va a suicidare, facendo seppuku come i samurai, in un bosco vicino a casa. Una lettere è rivolta ai figli: "Miei cari, sono ormai un vinto. La pazzia di vostra madre mi ha spezzato il cuore e tutte le energie. Io spero che i milioni di miei ammiratori, che per tanti anni ho divertiti e istruiti, provvederanno a voi. Fatemi seppellire per carità, essendo completamente rovinato. Mantenetevi buoni e onesti e pensate appena potrete ad aiutare vostra madre. Vado a morire nella Valle San Martino, presso il luogo ove, quando abitavamo in via Guastalla, andavamo a fare colazione. Si troverà il mio cadavere in uno dei burroncelli che voi conoscete, perché ansavamo a raccogliere i fiori. Vi bacia tutti, col cuore sanguinante, il vostro disgraziatissimo padre, Emilio Salgari". Finite di scrivere le lettere, tra cui una, di fuoco, indirizzata agli editori da cui si sentiva sfruttato e derubato (loro divenuti ricchi con i suoi romanzi, lui vissuto in ristrettezze), il padre degli eroi spezza la penna e va a morire.

Una ballata del mare salato - Parte 3

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